domenica 4 maggio 2008

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Ieri mattina mi alzo, e mentre cambio le lenzuola decido di ascoltare un po' di musica, accendo il computer e metto su l'ultimo album di Richie Kozen: "The return of the mother head family reunion".
Dopo aver messo su la mio lussuosissima parure di lenzuola, federe e copriletto granata, mi appresto a uscire, vado a spegnere il computer e mi accorgo che la Ubuntu Hardy nuova di zecca mi chiede di essere aggiornata: do l'ok, tanto più che tra i vari aggiornamenti c'è il pacchetto del kernel; come d'abitudine apro un terminale per guardare i messaggi durante l'aggiornamento e inorridisco quando proprio mentre si riaggiorna il kernel compare un bel (si fa per dire) "segmentation fault".
Al riavvio il bootloader non vedeva più il kernel (ovviamente).
E allora prendo il DVD della Debian Etch, installo il sistema base (senza alcun problema di riconoscimento e attivazione della partizione LVM direttamente dal debian installer, cosa che mi permette di ricostruire la tabella delle partizioni senza rischiare perdita di dati), risolvo con l'aiuto di Fog (collegato in chat) e di un live cd un piccolo problema di configurazione errata di GRUB, riavvio, aggiorno a testing e siamo a posto.
E con quest'ultimo scherzo il mio "rapporto" con la Ubuntu si esaurisce: a me che non sono l'ultimo degli sprovveduti in fatto di Desktop Linux lo scherzino del "segmentation fault" sull'aggiornamento del kernel è costato un pomeriggio di lavoro, ma un utente "normale" si sarebbe trovato perso, senza possibilità di capire cosa era successo; a rendere ancora più grave la cosa è il fatto che la Ubuntu Hardy è una versione "Long Time Support" e pertanto dovrebbe essere particolarmente curata e ottimizzata per favorire chi usa il computer per la produttività individuale.
Da oggi in poi a chi mi chiede una distribuzione Linux per iniziare consiglierò l'inossidabile Mandriva, o, meglio ancora, la PCLinuxOS (così prende confidenza con apt e poi può passare senza problemi a Debian).

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